Di cosa ho bisogno?

Il corso di Mindful Self Compassion mi ha mostrato e insegnato come il conforto – quella consolazione che attendiamo dal mondo in risposta a tutto ciò che spesso può accadere disattenda le nostre aspettative, procurando inevitabilmente una condizione di disagio – possa provenire anche e soprattutto dal mio di dentro.

E questo tipo di attitudine non è un’attività autoreferenziale che rischia di sfociare nell’autocommiserazione, è bensì la felice scoperta del proprio motore interiore che alimenta la capacità di fare del bene a sé e naturalmente anche all’altro, poiché si riesce a percepirlo prossimo, e simile, nella gioia e nel dolore; e che imprime un nuovo ritmo a tutto. 

È rendersi conto di possedere e poter contare su un nucleo interno che funziona come le cellule segnapassi del nostro cuore: il nostro muscolo cardiaco consta di alcuni centri dotati di specifiche caratteristiche elettriche che permettono loro di generare e propagare spontaneamente un impulso che poi dà avvio alla sua contrazione automatica, ne detta la frequenza – segna il passo, appunto – del suo battito, ne garantisce l’ordinata conduzione in tutti i suoi territori.

Durante il corso, grazie a delle insegnanti straordinariamente preparate ed amorevoli, ho appreso che dentro di me (ciascuno di noi) avrei potuto riconoscere come innata questa facoltà di mettermi in contatto con me stessa e con le mie esperienze; comprenderne la pratica ed esercitarmi per acquisirne sempre più la consapevolezza e l’automatismo; usarmi dunque gentilezza, custodirmi come una pietra preziosa.

Ho così imparato, ad esempio, che è possibile e persino salutare:

  • autorizzarmi a chiedere di cosa ho bisogno e di cosa vorrei sentirmi dire, riuscendo ad appropriarmi di una dignità personale molto più profonda;
  • ascoltare il mio corpo, che mi ha commosso scoprire aver sopportato in silenzio tanto dolore per tanto tempo;
  • ancorarmi, pure, al mio corpo, attraverso la meditazione che insegna a sentire, e sentirsi, il proprio respiro, e che a me ha fornito uno strumento straordinario per sottrarmi alla arbitraria pressione della mente che istiga a divagare, e per ridimensionarmi, definirmi ridisegnandomi quasi i confini;
  • sgravarmi dal peso di sentirmi inadeguata grazie al senso di comune umanità.

Non da ultimo, la pratica costante mi offre un valido supporto per la gestione della mia emicrania cronica e il controllo degli episodi dolorosi. Mi piace infine pensare che si possa applicare la metafora delle cellule pacemaker cardiache anche all’intera nostra comunità MSC, perché la identifico come un fulcro capace di originare e diffondere, all’interno della nostra società che attraversa su più fronti un duro periodo di crisi, un impulso nuovo e un nuovo, compassionevole, passo di vita. 

ho imparato che è possibile e perfino salutare chiedermi di cosa ho bisogno

Anna Paradiso, partecipante al corso Mindful Self-Compassion, ottobre 2022

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